Storia ed arte







Secondo gli storici il territorio del comune di Vaglia risulta abitato già in epoca etrusca, ci sarebbero infatti dei ritrovamenti nei pressi di Coiano ma è con la costruzione del Castellare nel capoluogo e delle prime Pievi che nascono i primi nuclei urbani, come quella di S. Pietro a Vaglia la cui presenza è segnalata in un documento del 983 a firma di Ottone II. La Pieve di San Pietro a Vaglia era situata sulla via di pellegrinaggio, di cui rimangono tutt’ora tracce, che collegava la Valle della Marinella a Legri con Fiesole, da un lato e Bologna dall’altro. Snodo di una delle tante direttrici che permettevano la viabilità interna e che riconducevano alle vie principali come la Francigena. Segno del passaggio dei pellegrini permane nella struttura architettonica della pieve che presenta un portico dedicato al ricovero dei viandanti. Con l’inizio del primi secoli dell’anno Mille si vengono così a formare quegli insediamenti  che, nonostante i mutamenti, permangono sino ad oggi. Dopo il XIV secolo il territorio passò sotto il Comune di Firenze e di S. Maria Novella e compreso nella Lega di Tagliaferro insieme a S. Piero a  Sieve . Dal XVI secolo in poi le sorti del territorio seguirono quelle delle grandi famiglie nobiliari che regnavano a Firenze e fu diviso nelle proprietà dei Corsini e dei Saltini. Nella seconda metà del XVIII secolo grazie a Pietro Leopoldo e la rinascita del Granducato di Toscana viene data una nuova impostazione viaria con la costruzione della strada Regia Postale Bolognese e fu dato grande impulso all’edilizia e alle infrastrutture le cui tracce si ritrovano in quegli edifici tutt’ora esistenti e un tempo adibiti a osterie, locande e stazioni di posta.  Con la caduta degli Asburgo-Lorena  nel primo decennio dell’Ottocento si procedette verso la costituzione del Municipio e in omaggio a San Pietro, a cui era dedicata la Pieve più antica, venne concesso il simbolo delle due chiavi d’oro e d’argento  incrociate su fondo blu che ancora oggi sventola  nel vessillo comunale. In seguito al trasferimento a Firenze della Capitale si venne a creare un boom edilizio anche nelle campagne che dette impulso alla nascita di fornaci con l’utilizzo della manodopera locale, impedendo così lo spopolamento provocato dall’esosa tassa sul macinato. Anche la costruzione della linea ferroviaria Firenze-Faenza iniziata nel 1881 e terminata nel 1893  favorì la crescita del comune. Distrutta durante la seconda guerra mondiale, solo in tempi recenti, nel 1999, sarà ricostruita e riprenderà a funzionare. Gravemente colpito durante la seconda Guerra Mondiale, l’abitato di Vaglia verrà ricostruito nel dopoguerra secondo quelle linee ormai frutto di secoli di storia, mentre alto il tributo di sangue negli scontri tra partigiani e tedeschi  a Paterno, Morlione  e Cerreto Maggio, o nell’eccidio di contadini da parte di truppe tedesche. A Cerreto Maggio, di fronte alla chiesa si trova  un monumento, opera di Marcello Fantoni, in ricordo dei numerosi  caduti.
  
Il Parco Mediceo di Pratolino



Fontane, grotte, statue, straordinari giochi d’acqua capaci di animare un grandioso parco e la sua villa, è  quello che vedono i suoi visitatori dell’epoca, tanto da farne un esempio conosciuto in tutto il mondo. Fatta costruire da Francesco I dei Medici tra il 1568 e il 1581 che incaricò i più grandi artisti e architetti dell’epoca come Buontalenti, Giambologna e Ammannati, la Villa Medicea e il Parco di Pratolino erano un luogo di sogno dove natura e ingegno umano si fondevano insieme all’acqua, elemento simbolico protagonista. Cuore del “Parco delle Meraviglie” è la Fontana dell’Appennino realizzata dal Giambologna e fatta costruire come un edificio a tre piani con vani allestiti a grotte con giochi d’acqua e rivestita con spugne. Proprio di recente la statua è stata liberata dalle impalcature, dopo un restauro che è durato tre anni. Un atto dovuto visto l’ambiente particolarmente umido in cui si trova. Dopo la morte di Francesco I e il passaggio dai Medici ai Lorena iniziò la fase di declino per la grande villa e il suo meraviglioso parco, fino a che Ferdinando III fece trasformare il giardino all’italiana in un giardino all’inglese e demolire la villa. In seguito, nel 1872 la tenuta venne acquistata dal principe russo Paolo Demidoff  che ricavò la sua dimora dall’antica Paggeria. Oggi il complesso  è di proprietà della Città Metropolitana e dal  2013 è entrato a far parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO insieme alle altre Ville medicee presenti in Toscana.


Pieve di San Cresci a Macioli




Giunti a Pratolino e in direzione di Bivigliano, subito a sinistra un breve tratto di strada ci conduce verso la  Chiesa di San Cresci a Macioli fatta costruire sul luogo che segnava il confine tra l’esarcato di Ravenna e l’Impero d’Occidente e le cui testimonianza più antiche risalgono al 926. Sia l’interno che l’esterno della pieve conservano il loro originario stile romanico.  L’edificio fu completamente restaurato tra il 1448 e il 1466 grazie alla famiglia Neroni. Tra il 1426 e il 1468 fu rettore il Pievano Antonio Mainardi, ben più conosciuto con il nome di Pievano Arlotto per le sue Facezie, pubblicate postume e ancora oggi esempio indiscusso di teatro popolare e burlesco. L’interno della chiesa diviso in tre navate da colonne con capitelli ionici è arricchito da una ringhiera del XIV secolo opera di Battista de’Franci e da un organo antico e una fonte battesimale del XV secolo.

San Romolo a Bivigliano



A Bivigliano, che con i suoi 585 m. di altezza è da sempre una  località particolarmente apprezzata per il  riposo e la villeggiatura, soprattutto nei periodi estivi, la chiesa di S. Romolo è uno degli esempi di architettura romanica ben conservati di tutta la zona e vi si accede prendendo la strada che dalla piazza principale scende verso Vaglia. Anteriore al Mille, presenta una facciata  preceduta da una loggia a pilastri, antico ricovero dei pellegrini,  in posizione panoramica mentre l’interno è a una sola navata con copertura a capriate  e l’abside semicircolare. Sull’altare maggiore troviamo un dossale in terracotta invetriata della bottega di Andrea della Robbia, 1490 circa, raffigurante la Madonna col Bambino tra i Ss. Romolo, Jacopo, Francesco e Giovanni Battista e sopra i due altari laterali in pietra serena,  donati dalla famiglia Poggiolini, di cui recano lo stemma, sono stati collocati  due dipinti di Pietro Annigoni del 1978 raffiguranti “ S. Antonio da Padova”  e  la “Madonna del Rosario”. Presso il fonte battesimale si trova una scultura lignea policroma raffigurante S. Giovanni Battista attribuita a Michelozzo.
   

Convento di Monte Senario





Siamo su una delle cime della dorsale che divide la valle dell’Arno da quella della Sieve, a 817 metri di altezza. E’ qui che nel 1234 i Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria costruirono il loro convento che venne ampliato nel XV  secolo e poi modificato nel XVIII e nel XIX secolo, in particolare in occasione della canonizzazione dei Sette Santi promulgata da Leone XIII nel 1888. Salendo per il viale alberato si arriva al piazzale con le due statue di S. Bonfiglio Monaldi e Filippo Benizi  di Pompilio Ticciati del 1754, a sinistra il grande Ospizio e al centro una scalinata con la quale si accede alla Chiesa dell’Addolorata edificata nel 1412 e poi completamente ristrutturata nel 1717 e sulla destra l’ingresso  al Convento. L’interno della Chiesa è a una navata con cappelle laterali e presenta una ricca decorazione barocca ad opera di Giovan Martino Portogalli. All’interno degni di attenzione la Cappella del Santissimo opera di Gian Battista Foggini e la Cappella dell’Apparizione che rappresenta, secondo la tradizione, il primo nucleo della presenza dei Servi, la Sacrestia, la Cappella dei Sette Santi fondatori con le spoglie conservate e realizzata in stile neogotico nel 1933 in occasione del settimo centenario della Fondazione dell’Ordine, il Coro settecentesco in noce intagliato  in cui risalta il grande affresco di Pietro Annigoni del 1985 che raffigura l’ascesa al Monte dei Sette Santi. Tra le sculture il Crocifisso in stucco policromo, posto sull’altare maggiore, di Ferdinando Tacca, e una Pietà in terracotta policroma, in Sagrestia tele del Cigoli e nel Refettorio del convento l’affresco del Cenacolo di Matteo Rosselli. Tutto intorno al convento una terrazza panoramica che guarda verso la valle del Mugello e i monti dell’Appennino, intorno al complesso numerose sono le grotte e le celle dedicate ai vari santi dell’Ordine che si possono raggiungere a piedi lungo vari sentieri.


La Pieve di San Pietro a Vaglia



Risalente con ogni probabilità al periodo carolingio, la Pieve di San Pietro a Vaglia compare già in un atto del 983 in cui l’imperatore Ottone II conferma i possedimenti del capitolo fiorentino. Già a quel tempo questo luogo era un punto di riferimento, non solo per le funzioni religiose, ma un  punto di aggregazione e soprattutto di accoglienza per i pellegrini e i viandanti tanto da rimanere, attraverso i secoli, il centro per lo sviluppo di agglomerati urbani che porterà alla formazione dell’intero comune. In origine la Pieve doveva essere più semplice ma più ampia, l’edificio attuale è il risultato di una profonda ristrutturazione  terminata nel 1789. Alla Pieve è legata anche la figura del pittore Angelo Nardi detto da Razzo ( 1584- 1660) nato a Vaglia ma trasferitosi in Spagna per lavorare alla corte di Filippo IV, alcune tele presenti in canonica sarebbero a lui attribuite. Tra le opere d’arte presenti una “Madonna del  Rosario” di Pietro Confortini del 1609, alcune opere di Domenico Pugliani nativo di Vaglia come la bellissima Croce processionale  con i Misteri del Rosario e raffigurazioni su tela di San Pietro e di San Paolo, mentre di Lorenzo Lippi il Cristo Benedicente, San Matteo e San Giovanni Evangelista eseguite per la Compagnia della Madonna della Neve che qui aveva un Oratorio. Entrando sulla sinistra è presente un fonte battesimale di bottega robbiana. Alcuni anni fa grazie alla  collaborazione dei diversi soggetti che vi  hanno partecipato, la grande pala d’altare in terracotta invetriata raffigurante un  “Presepe”, opera  di Giovanni della Robbia datata 1513 e proveniente dalla Chiesa dei Santi Stefano e Lorenzo a Pescina, protagonista di un’ intricata vicenda, è stata infine  ricomposta e restaurata per trovare  qui la sua nuova e per il momento definitiva collocazione.



S. Andrea a Cerreto Maggio


Lungo la Via Bolognese, ai piedi del Monte Morello e alla destra del torrente Carza si trova la Chiesa di S. Andrea a Cerreto Maggio costruita sui ruderi di un antico castello appartenuto ai Cerretani e di cui ancora rimane traccia nella torre a pianta quadrata, utilizzata come campanile. Un luogo antico, ricco di storia, come proverebbe il ritrovamento di alcune monete di epoca romana avvenuto negli anni ’50 dall’allora parroco Don Mario Martinuzzi, senza contare la sua collocazione strategica lungo una strada che portava fino al Castello del Trebbio. La fondazione della chiesa per opera della Famiglia Cerretani nel 1270 è testimoniata da una lapide settecentesca posta sotto l’altare dedicato alla Madonna del Carmine e dalla presenza degli stemmi familiari. L’interno della chiesa, che nel settecento venne restaurata, ha un’unica navata con l’abside circolare, purtroppo un affresco posto a sinistra e raffigurante “Gesù Crocifisso la Madonna Addolorata e San Giovanni” si trova oggi in cattive condizioni mentre alcune opere che la chiesa conservava sono state collocate nella Pieve di S. Pietro. Dal 1977 la Curia ha ceduto la chiesa in comodato alla parrocchia dell’Immacolata e San Martino a Montughi e ogni anno, la mattina del lunedì di Pasqua qui viene celebrata una messa in ricordo dei caduti della Seconda Guerra Mondiale.

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